Tempo, mercati, Tfr, contributo aziendale e benefici fiscali. Sono i cinque alleati su cui contare per evitare di vivere un futuro a mezza pensione.

Giocare queste cinque carte permette di avere una pensione integrativa adeguata con un sacrificio economico accettabile: rinunciare anche a una sola vuole dire ottenere un beneficio parziale, insufficiente a compensare la minore copertura che sarà offerta dal sistema pensionistico obbligatorio.

Lo dice l’indagine de L’Economia del Corriere pubblicata lunedì 15 maggio. Così, per esempio, un lavoratore trentenne che aderisce da subito alla previdenza complementare con un versamento di cento euro al mese, potrà ottenere al pensionamento (fissato a 71 anni) una pensione integrativa di 951 netti al mese se sceglierà una linea d’investimento bilanciata-azionaria. Se invece aderirà un anno dopo sottoscrivendo una linea che garantisce la restituzione dei contributi versati e non potrà contare sul Tfr e sul contributo aziendale (come nel caso dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti), l’apporto della previdenza complementare sarà davvero striminzito. I cento euro al mese versati dal trentenne per 41 anni varranno una pensione integrativa di appena 205 euro netti al mese, quasi 750 euro in meno.
«Il primo alleato è il tempo — sottolinea Andrea Carbone, partner di Progetica — prima s’inizia a versare, meglio è. Iniziare presto conviene anche grazie al Fisco: più si rimane in una forma pensionistica complementare, minore sarà la tassazione finale». E’ necessario, inoltre, scegliere una linea d’investimento adeguata all’orizzonte temporale. «Il trentenne con tanti anni di fronte a sé, ha scelto d’investire in una linea a rischio medio — spiega Carbone —. E beneficia del contributo che i mercati possono offrire, soprattutto nel lungo periodo. Infine, come lavoratore dipendente, può conferire il proprio Tfr, pari al 6,91% della retribuzione lorda e, se il datore di lavoro lo prevede, può vedere raddoppiati i suoi versamenti grazie al contributo dell’azienda». Tutti i lavoratori dovrebbero analizzare la propria situazione previdenziale, verificando l’età di pensionamento e ipotizzando il proprio stile di vita al tempo della pensione. «Sapendo poi che potranno contare su cinque preziosi alleati per vivere con maggiori risorse e serenità — sottolinea Carbone — l’importante è non rimandare l’argomento. E affrontarlo appena possibile».

Trent’anni e cento euro al mese in più

Calcolare la pensione. Fonte: Progetica

Calcolare la pensione. Fonte: Progetica

Se potessi avere cento euro netti al mese in più: si può fare, ma bisogna partire appena possibile. O i sacrifici da fare per ottenere un’integrazione pensionistica rischiano di diventare quasi insopportabili. Il tempo è davvero importante per compensare con la previdenza integrativa una pensione di base destinata a essere sempre più ridotta. «Per ottenere una rendita vitalizia di quest’importo, a un trentenne basterebbe versare 30€, sempre al mese, sino al pensionamento dopo 41 anni. In pratica rinunciare a un’uscita al mese con gli amici — spiega Andrea Carbone, partner di Progetica —. Se però avesse iniziato cinque anni prima, ne sarebbero bastati 25€, il 17% in meno. Un quarantenne cui mancano trent’anni alla pensione dovrebbe versare 51€, un cinquantenne che davanti a se ha ancora diciannove anni di lavoro dovrà pagare un contributo di 96€ al mese. Anticipando di cinque anni il programma previdenziale, il minor costo sarebbe del 21% nel primo caso e del 24% nel secondo». Cominciando cinque anni dopo, un trentenne dovrebbe versare 37 euro al mese, un quarantenne 66€ e un cinquantenne 142€, sempre per ottenere al momento del pensionamento una rendita integrativa pari a cento euro al mese. Le simulazioni di Progetica ipotizzano una continuità di versamenti sino all’età della pensione e l’adesione a un fondo pensione con una linea bilanciata-azionaria con il 30% di titoli obbligazionari. Vengono considerati i costi medi di un fondo pensione aperto (promosso da compagnie d’assicurazione, banche, sim e sgr), in funzione della durata. Tutti i valori sono al netto delle tasse e dell’inflazione.

Rischiare un po’

La pensione di scorta è in «azione» se si mette in conto un qualche grado di rischio che permette di ottenere una rendita integrativa adeguata con un sacrificio sostenibile. La scelta della linea d’investimento dev’essere naturalmente adeguata all’età e all’orizzonte temporale e dev’essere rivista nel corso degli anni, man mano che ci si avvicina al pensionamento. In base alle simulazioni di Progetica (società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale), un trentenne che vuole ottenere al momento del pensionamento una rendita integrativa di cento euro netti al mese dovrebbe versarne 30 in una linea bilanciata-azionaria, sino al pensionamento fissato a 71 anni. Con una garantita, invece, il conto salirebbe a 50 euro, il 67% in più. Anche per un quarantenne e un cinquantenne la tranquillità di una linea garantita costa di più. Per ottenere al momento del pensionamento lo stesso obiettivo, il primo deve versare per trent’anni 51 euro se opta per un comparto bilanciato e 74 se sceglie invece la tranquillità di un garantito. Per un cinquantenne, che davanti a se ha ancora diciannove anni di lavoro, il contributo da investire è di 96 euro al mese con un bilanciato e 123 con il garantito. «Nella previdenza integrativa, investire in una linea che ha una componente azionaria aiuta a ottenere rendimenti migliori nel medio-lungo periodo — spiega Andrea Carbone, partner di Progetica — quelle a basso rischio garantiscono infatti dalle oscillazioni di breve periodo dei mercati finanziari, ma pregiudicano la crescita nel lungo termine». Nelle tabelle sono stati considerati i costi medi di un fondo pensione aperto: tutti i valori sono in termini reali, tengono conto cioè dell’inflazione.

Tassa leggera

Una spinta alla previdenza integrativa viene dalle agevolazioni fiscali. Per un trentenne che ha un reddito netto di mille euro al mese e versa un contributo di mille euro l’anno, il beneficio in termini di minori imposte è di 270 euro: moltiplicato per i 41 anni di versamenti sino al pensionamento (ipotizzato a 71), lo sconto è pari a 11.746 euro. La prestazione finale sarà tassata a titolo definitivo con un’aliquota molto bassa: 9%. Per un quarantenne con una retribuzione netta di 1.500 euro, il beneficio fiscale è anch’esso di 270 euro l’anno e 10.945 per l’intero programma previdenziale, mentre la rendita sarà tassata al 10,5%. L’ultimo esempio è quello di un cinquantenne che ha una retribuzione attuale di duemila euro netti il mese e ne versa mille sempre all’anno, per altri 19. Il beneficio fiscale è di 380 euro l’anno e 7.220 complessivi, mentre la prestazione finale sarà tassata con un’aliquota del 13,8%. «Malgrado l’incremento dall’11,5% al 20% della tassazione sui rendimenti annuali, il Fisco sulla previdenza complementare resta favorevole — sottolinea Andrea Carbone (Progetica) —. I versamenti sono infatti deducibili sino a 5.164 euro l’anno. Le agevolazioni riguardano soprattutto la prestazione finale sotto forma di rendita vitalizia o capitale in un’unica soluzione, possibile sino al 50% del montante maturato. Vengono tassati infatti con un’aliquota del 15%, diminuita dello 0,30% per ogni anno di partecipazione successiva al quindicesimo, con uno sconto che può arrivare al 6%». Così, nel caso del lavoratore trentenne che versa per 41 anni, l’aliquota finale sulla rendita o sul capitale si riduce al 9%. Le tabelle sono al netto delle tasse e tengono conto dell’inflazione. Hanno a una tassazione favorevole anche le anticipazioni (somme in acconto che si possono ottenere in determinate ipotesi) e quelle ottenute a titolo di riscatto, per esempio nei casi di disoccupazione o cassa integrazione.

Investire in liquidazione

Per i dipendenti, la liquidazione è un’ottima carta da giocare per la pensione di scorta. Una soluzione che consente di pensare al futuro senza dover intaccare il budget mensile, un fattore importante se si è giovani e gli stipendi sono, purtroppo, bassi. II Tfr è pari al 6,91% della retribuzione lorda: conferirlo alla previdenza complementare anziché mantenerlo in azienda (dove si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione) permette di contribuire, appunto, senza doversi privare nell’immediato di risorse. Così, in base alle simulazioni di Progetica, un trentenne con un reddito netto attuale di mille euro il mese che destina il Tfr a un fondo pensione può attendersi al pensionamento (ipotizzato a 71 anni) una rendita integrativa di 375 euro al mese se si iscrive a una linea che garantisce la restituzione dei contributi versati, e di 571 se opta invece per una bilanciata-azionaria con il 70% di azioni. Un quarantenne che destina a un fondo pensione il Tfr relativo a un reddito netto attuale di 1.500 euro il mese, può attendersi al pensionamento, a 70 anni, una rendita integrativa di 339 euro con il comparto garantito e di 468 con il bilanciato-azionario. Per un cinquantenne con un reddito netto di duemila euro il mese, infine, rinunciare al Tfr può consentire di ottenere al pensionamento (a 69 anni) una rendita integrativa di 241 euro al mese se l’aderente opta per una linea garantita e 301 se sceglie invece una bilanciata. Le simulazioni presuppongono la continuità di versamenti alla previdenza integrativa sino all’età della pensione; tutti i valori sono al netto delle tasse e in termini reali, tengono cioè conto dell’inflazione. Ricordiamo inoltre che il Tfr conferito ai fondi è tassato con aliquote inferiori rispetto a quelle cui è soggetta la liquidazione mantenuta in azienda.

La polizza dell’azienda

Il contributo aziendale, che spetta solo a chi aderisce alla previdenza integrativa, fa la differenza nel determinare la convenienza del fondo pensione. Nelle simulazioni realizzate da Progetica viene considerata la rendita netta che si può ottenere grazie a un contributo del datore di lavoro pari all’1,5% della retribuzione. «Per esempio, un trentenne con un reddito attuale netto di mille euro il mese — spiega Andrea Carbone, partner di Progetica — solo con questa voce può attendersi al momento del pensionamento, ipotizzato a settantuno anni, una pensione integrativa di 54 euro netti al mese se partecipa al fondo in una linea che garantisce la restituzione dei contributi versati, e di 83 euro, sempre netti, se opta invece per una bilanciata-azionaria». Per un quarantenne con un reddito netto attuale di 1.500 euro netti il mese, e che davanti a sé ha ancora trent’anni di lavoro, il contributo aziendale da solo vale una pensione integrativa di 50 euro con un comparto garantito e 69 con un bilanciato-azionario. Per un cinquantenne con un reddito attuale di duemila euro netti il mese e pensionamento a 69 anni, infine, la rendita mensile integrativa è pari a 35 euro il mese nel primo caso e 43 nel secondo. Attenzione però: ha diritto al contributo aziendale solo il lavoratore che s’iscrive al fondo pensione aziendale o di categoria, oppure a quello aperto (promosso cioè da compagnie d’assicurazione, banche, sim e sgr) su base collettiva, cioè in seguito a un accordo fra azienda e dipendenti. Anche in queste simulazioni è stata ipotizzata la continuità di versamenti sino all’età della pensione e sono stati considerati i costi medi dei fondi aperti in funzione della durata prevista per il programma previdenziale. Tutti i valori sono al netto delle tasse e in termini reali, tengono cioè conto dell’inflazione.
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