MORE THAN JUST MONEY

Si è concluso da poco il World Economic Forum 2020 a Davos. Qualche giorno prima dell’inizio del meeting internazionale, Oxfam ha pubblicato il suo report annuale sulla distribuzione della ricchezza e dei privilegi nel mondo. Bisognerà attendere i primi di marzo perchè Forbes pubblichi la sua classifica aggiornata delle persone più ricche al monto. Però lo studio di Oxfam ha già messo in luce come continuino a crescere le disuguaglianze globali.

Vorrei partire da questi spunti per proporre una riflessione, soffermandomi maggiormente sugli aspetti della ricchezza come valore e non come elemento che, senza valori, (perdonate il gioco di parole) rischia di aumentare il divario di benessere tra le persone.

Ecco il responso Oxfam sui dati 2019:

2.153 “Paperoni” detengono una ricchezza superiore al patrimonio di 4,6 miliardi di persone.
Ribaltando la prospettiva, la quota di ricchezza della metà più povera dell’umanità – circa 3,8 miliardi di persone – non sfiorava nemmeno l’1%

Paperoni 2019 Salotti Finanziari Vicenza

Paperoni 2019 Salotti Finanziari Vicenza

La foto della distribuzione della ricchezza.

Le 22 persone più facoltose al mondo hanno più ricchezza di tutte le donne del continente africano.
Nel 2010 metà della ricchezza del mondo era concentrata su 388 persone. Nel 2014 su 80. Nel 2019 su 26…
e nel 2030? La situazione dunque va peggiorando e le disuguaglianze si perpetuano da una generazione all’altra.

E in Italia? L’”ascensore sociale” è fermo. Secondo un recente studio di Francesco Bloise, il 32% dei figli di genitori più poveri, sotto il profilo patrimoniale, è destinato a rimanere fermo al piano più basso.

oxfam-italia-2020

oxfam-italia-2020

Oggi il 30 % dei giovani guadagna meno di 800,00€ al mese. Dai 15 ai 29 anni c’è un trend costante di riduzione delle
retribuzioni medie. Il valore annualizzato del reddito, fatto 100 la media dei redditi sulla popolazione, dimostra come i redditi dei giovani si siano ridotti negli anni, passando da 76,35 del 1975, a 60 nel 2010, a 55,2 nel 2017.

Consapevolezza: conoscere, proteggere, conservare

Non mi soffermo in questo articolo ad analizzare perché e come sia avvenuto questo. Credo che la ricchezza economica possa essere un valore solo quando è anche un bene sociale. In questa ottica, considerando la famiglia il primo nucleo della società, quello che mi preme sottolineare è questo: il patrimonio, che ciascuno di noi possiede, piccolo o grande che sia, immobiliare, finanziario o aziendale, sudato con fatica e duro lavoro, ereditato o arrivato grazie alla dea Fortuna… va PROTETTO E SOSTENUTO sempre con maggiore attenzione, perché è sempre più difficile da conservare.

Vi invito a cercare di dare una definizione di Ricchezza. Cos’è per te la ricchezza?

È possedere tanto denaro oppure avere delle rendite elevate?
Possedere un castello oppure tanti appartamenti che fruttano buoni affitti?
Essere a capo di una azienda molto grande ma non avere nessuno della famiglia che la possa far progredire oppure
essere titolare di una azienda piccola ma efficiente in cui partecipa attivamente tutta la famiglia?
La ricchezza è un fine oppure un mezzo?

Il punto di partenza è proprio questo!
Il primo passo da fare è avere consapevolezza della ricchezza che si ha e soprattutto di cosa si vuole farne. Tutto il
resto sarà una conseguenza di queste percezioni.

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La storia di un imprenditore

famiglia-berlusconi-2010

famiglia-berlusconi-2010

Prendiamo ad esempio la storia di Mario, un imprenditore “fatto da se”, instancabile lavoratore, perspicace negli affari, innovativo nelle idee, coraggioso nelle scelte. Padre di 5 figli, ai quali ha permesso di studiare e di andare per il mondo. Ha capannoni, case al mare, in montagna, negli USA, e l’azienda conta 60 dipendenti. Lavora, lavora, lavora e a 70 anni non ha avuto modo di pensare al perché ha accumulato tanto. Voleva realizzarsi ma ora, raggiunto il massimo cosa fare? Si continua a lavorare.
Fa fatica a separare ciò che è dell’azienda da ciò che è privato. Con i figli non riesce a separare il tavolo della colazione, del pranzo, dal tavolo del meeting di lavoro.
Di tutto il suo patrimonio non ha una visione oggettiva, una visione dall’alto. Non riesce ad avere consapevolezza dei rischi connessi al proprio patrimonio.
Quanto peso può avere l’azienda nel riuscire a mantenere il suo agio famigliare?
Quanto il benessere dell’intera famiglia dipende dal suo lavoro?
L’insieme degli immobili, tra costo di manutenzione e tassazione, è un valore che cresce o un asset che “rosicchia” ricchezza?
La liquidità finanziaria è semplicemente parcheggiata in un conto o è finalizzata a scopi ben precisi?

Mario viene a mancare improvvisamente. I figli cercano di continuare l’attività ma in pochi anni finiscono per litigare perché non ci sono obiettivi comuni, valori comuni. Il patrimonio immobiliare seppure consistente, una volta parcellizzato tra tutti i figli, si deteriora e diventa ingestibile. La ricchezza finanziaria, resa inconsistente per ogni figlio e causa della divisione, non è sufficiente a sostenere nessuno.
Forse questa è una situazione che non ci appartiene, o che pensiamo non si presenterà mai a noi. Eppure solo il 33% delle aziende supera il primo passaggio generazionale (Leggi il mio post di gennaio) e la prima causa di lite in tribunale è per questione di eredità.

La domanda è perché? E torniamo al punto di partenza:

La ricchezza è un fine oppure un mezzo?

Se fosse un mezzo per la realizzazione di un sogno ben identificato, che può continuare, andare oltre, di generazione in generazione, cementato da una identificazione forte dei valori famigliari che guidano tutte le azioni connesse al patrimonio aziendale, famigliare, personale… se fosse stato così allora il sogno non sarebbe finito con Mario.
La Carta dei Valori della famiglia avrebbe sostenuto i figli e guidato le scelte sia finanziarie che patrimoniali.
La definizione di regole ben precise che regolano l’ingresso in azienda di famigliari o parenti, l’utilizzo del patrimonio personale e immobiliare uguale per tutti, evita litigi e incomprensioni, permettendo a tutti la libertà di scegliere il proprio destino.

Così torniamo ancora una volta all’inizio: la ricchezza è un fine oppure un mezzo?
Accumulo per il gusto di accumulare oppure do un senso a quello che faccio?
Riesco a capire quali possono essere le risorse della mia ricchezza e se queste sono in equilibrio con i vincoli intrinseci quali indebitamenti e immobili in minusvalenza?
Quali rischi possono esserci e come posso evitarli? Riesco ad avere una visione dall’alto?
Riesco a prendere un elicottero virtuale con cui sorvolare per farmi un’idea chiara di come stiano le cose?

Con tutti questi interrogativi e la difficoltà di essere obiettivi, la consulenza patrimoniale può dare un valido aiuto. Non è magia, né determinismo. È soprattutto relazione! Perché è fondamentale avere uno sguardo esterno ed obiettivo attraverso cui capire verso quale meta mi può portare il “mezzo” della ricchezza.